Da quasi due anni il pensiero sembra aver abbandonato la superficie del vivere insieme. La morte evocata dalla pandemia ha annichilito lo sforzo del pensare. Chi è riuscito a sottrarsi a questa deriva si è certamente meglio posizionato, ma ciò è accaduto solo nella -seppur decisiva- condizione individuale.
Fortunatamente, oggi emergono chiari segnali di fuoriuscita da questa fase. Non si tratta di un “ritorno alla normalità”, ma del profilarsi di uno scenario collettivo non più dominato dall’emergenza pandemica, ancorché molto diverso rispetto al passato.
Per il benessere della comunità è necessario che un pensiero profondo torni ad abitare gli snodi decisionali. Occorre riflettere su molti ambiti, dall’effettiva utilità dei progetti del PNRR al senso delle istituzioni formative, dai modelli di convivenza sociale al rapporto con i dispositivi tecnologici e molto altro ancora.
Tuttavia, per evitare il trascinamento emotivo del pensiero superficiale, è necessario accantonare il risultato delle prime riflessioni e ricominciare daccapo. Solo a quel punto potrà emergere una linea di pensiero fertile per il futuro.